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SINFONIA D'AUTUNNO
(HOESTSONATEN)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 7 dicembre 1978
 
di Ingmar Bergman, con Ingrid Bergman, Liv Ullmann, Halvar Björk, Erlanf Josephson (Norvegia,Germania, 1978)
 

Due donne. Una madre e una figlia che si rivedono dopo sette anni di assenza. Il tempo di una cena, i convenevoli e le fras fatte che non giungono nemmeno al dessert. La madre è una celebre pianista e la figlia, per farle piacere, si siede al pianoforte per il compitino, la sonata di Chopin. Attesa ansiosa del giudizio della celebre madre: «Ti è piaciuta?», l'interroga vedendole gli occhi rossi. «Sei tu, che mi piaci», è la risposta.

In nome dell'amore, dell'affetto, della gentilezza, in nome di quei legami che madri e figli da sempre si trascinano, una volta ancora è la verità ad essere evitata, il dialogo interrotto al suo nascere. Per le due donne inizia allora la notte più lunga. Con metodo e fredda determinazione la figlia spiegherà come sia passata, nel corso degli anni, dall'ammirazione alla delusione, alla frustrazione; all'odio, per una madre sempre assente ed egoista. La madre, colpevole di aver trascurato la famiglia, al fine di soddisfare le proprie ambizioni artistiche. La figlia, privata da questa sua frustrazione della capacità di amare: costretta ad abbandonare un amore giovanile, ad abortire. Rassegnata, infine, ad unirsi ad un pastore protestante; per il quale prova affetto, ma non certamente quell'amore del quale è incapace per sempre. Per la madre, non è finita: c'è anche una seconda figlia, paralitica e priva della parola. Nella scena più crudele del film alla madre sarà addossata anche questa colpa: in seguito ad una delle sue innumerevoli partenze la figlia minore peggiorô definitivamente.

Un tremendo rendimento dei conti, altrettanto crudele e disperato di quello della coppia di Scene di vita coniugale, il film che decine di milioni di spettatori hanno visto nei mesi scorsi sulle reti televisive di tutto il mondo. Riassunte così, le trame dei film del grande regista svedese possono apparire anche schematiche: ma l'incredibile impatto che hanno provocato ne fanno trascendere la pura importanza artistica per assumere quella dei momenti sociali e di costume.

I film di Bergman si sono ormai scarnificati. Due, tre personaggi che si muovono su una scena quotidiana, ma sollevando dei temi universali. Fiigure emblematiche, che quasi intimoriscono per la decisione con la quale sono scolpite. La figlia di Sinfonia d'autunno è esageratamente dipinta nel suo odio non più represso? In quanto alla madre, non è stato troppo crudele il regista verso una donna alla quale vengono addossate colpe ancestrali e immense, in quanto colpevole di aver voluto vivere una propria vita compiuta?

Credo che nel film ci sia un momento, il più crudele e forte, che spiega la posizione di Bergman: quando, al termine della furibonda requisitoria della figlia, la madre finisce per chiedere il perdono. Di essere abbracciata, toccata. Ma la figlia, dopo tante parole, è ormai muta e impotente alla richiesta. Mentre al piano di sopra, l'altra figlia priva della parola, articola disperatamente qualche suono, quasi una invocazione nei confronti della madre. Sono tre solitudini, tra le più atroci che il regista della solitudine ci abbia mai dato. L'uomo è solo, e non può aiutare il suo prossimo. Non lo può di certo con l'aiuto della religione, della carità cristiana, in un universo che il regista svedese dipinge da anni come abbandonato da Dio. Non lo può attraverso i legami della famiglia e della coppia: nemmeno nel più glorificato dalla nostra società, quello che unisce una madre ai propri figli.

Non mi sembra che Bergman assuma una posizione. Possiamo condividerla o meno, ma la sua è la constatazione di un dato di fatto. L'impotenza ad amare da parte dei personaggi di Bergman è una condizione atroce che sfiora il cinismo; quasi fino a suscitare la nostra incredulità. Ma se finiamo per accettarla, se milioni di persone finiscono per riflettere su queste situazioni a prima vista mostruose con un'attenzione ed una emozione crescente è perché il regista ce le comunica con una angoscia e una disperazione profondamente umana.

Sinfonia d'autunno è un documentario, come lo era già Scene di vita coniugale, su due visi umani ripresi in primo piano, mentre si disfano e consumano nella loro disperazione. Come in un documentario, il film inizia con il commento distaccato del marito rivolto agli spettatori. Come un documentario, il film non contiene nulla di superfluo, di spettacolare o di finto. La semplicità di Bergman nei suoi ultimi film è stupefacente: il risultato di un lavoro di sublimazione espressiva meraviglioso. In Sinfonia d'autunno contano ormai due sole cose, la parola ed il viso. Sulla loro geografia, la minima ruga tradisce ogni impercettibile riflesso delle psicologie interiori. Con la portentosa interpretazione di Ingrid Bergman che rimarrà sicuramente irripetibile in questa prospettiva.

Sulle parole (o sulla loro assenza ,vedi il personaggio della figlia paralizzata) si costruisce l'intero significato dell'opera. La preziosissima semplicità del film è un omaggio geniale di Bergman al vero tema del film: cos`è l’Arte, nei confronto della Vita? Sull’interrogativo il regista ha sovrapposto il suo film meno «artistico», il più spoglio della propria carriera. Ma è una semplicità che non deve trarre in inganno: costantemente al servizio di quei visi avvolti nelle tinte di Sven Nykvist che scolorano dall'ocra al ruggine, al marrone. Una tavolozza crepuscolare, rotta soltanto un istante: il vestito scarlatto di Ingrid Bergman, quasi una provocazione, la prima sera, ancora era sicura di se stessa.

Disperato ma più universale, scarno e linguisticamente vicino alle masse che mai, il cinema di Ingmar Bergman continua a splendere solitario, a perfetta somiglianza dei personaggi che dipinge.


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